Dovesse evolversi il conflitto tra Stati Uniti e Russia sullo scenario ucraino, a rimetterci saranno milioni di cittadini italiani ed europei: nella migliore delle ipotesi ci attendono nuovi rincari sulla merce ed energia importata, nella peggiore l'esplosione della guerra fredda e di un clima illiberale simile al periodo Bush, azioni militari sia pure sporadiche che comporteranno la morte di soldati, uomini e donne con famiglie oltre la divisa.
Il tutto per compiacere le mire imperialiste degli USA, allora chiediamoci: gli americani accetterebbero la costruzione di basi militari russe o cinesi presso i loro confini?
Per rispondere a questa domanda è sufficiente tornare al 1962 a Cuba, quando l'installazione di missili dell'Unione Sovietica sull'isola comportò l'imposizione di un duro blocco navale e la conseguente ritirata degli armamenti.
Oggi si preme per l'ingresso di uno "Stato cuscinetto" quale l'Ucraina nella NATO: ciò comporterebbe la costruzione di basi militari nemiche a centinaia di chilometri da Mosca.
Un chiaro atto di ostilità che nessun Paese sovrano che si rispetti potrà mai tollerare.
La stessa NATO responsabile della destabilizzazione del Nord Africa e di ogni governo vagamente socialista, del terrorismo jihadista in casa nostra, delle vittime civili anche a seguito di "esercitazioni militari", della morte dei nostri soldati mentre venivano impiegati sul fronte in palese violazione dell'articolo 11 della Costituzione circa la "risoluzione di controversie internazionali", ebbene oggi dovrebbe essere messa in discussione e abbandonata.
Nel dibattito tra "Europa federale" ed "Europa di Stati sovrani" una posizione deve essere molto chiara: è tempo di rottura del dogma euroatlantista, è tempo per l'Italia e per l'Unione Europea di una politica estera indipendente.
La posizione del premier Draghi è un timido invito alla calma generale, da rappresentante di un governo e di un sistema euroatlantista non può riconoscere le responsabilità statunitensi nell'escalation.
È tempo di mandare a fanculo la NATO e di assumersi le conseguenze diplomatiche di una simile scelta.